25 maggio 2021

Arezzo e i suoi simboli

Il Pionta è il luogo di sepoltura di San Donato, secondo vescovo e patrono della città di Arezzo, cuore e centro del cristianesimo aretino. Sulla sua tomba, si costruì l’altare della confessione in onore del martire Donato. Verso questo luogo i vescovi di Arezzo, dimostrarono grande devozione e attaccamento, tanto da edificarvi la loro prima Cattedrale. Il colle del Pionta, quindi, non è solo testimonianza di cultura, arte e storia, esso è soprattutto centro privilegiato di fede e spiritualità.

 

Il Pionta divenne per Arezzo un alto luogo di culto dello spirito e un faro per tutto l’occidente cristiano che vide in Arezzo un esempio di rinascita religiosa, culturale ed artistica, tanto da essere citato come un vero  e proprio “Vaticano Aretino” (cit. Don Angelo Tafi).  Arezzo diviene così il centro nell’XI secolo del culto di San Donato. Con l’invasione dei longobardi (fine VI secolo), inizialmente di fede ariana, la sede della cattedrale aretina si era spostata dal centro alla periferia, sulla collina del Pionta, dove già si trovava un piccolo edificio di culto oratorium dedicato a San Donato.

Da allora San Donato diventa il patrono della città di Arezzo, fungendo da simbolo e da centro ideale di raccordo dell’osservanza romana ad Arezzo. E’ così che nacque la prima biografia di San Donato Passio sancti Donati, trasformandolo da confessore a martire della fede e dando via alla costruzione di chiese in suo onore. San Donato diviene tra i modelli più diffusi di perfezione cristiana nell’Occidente altomedievale. 

 

Sul sangue versato da San Donato, pegno di fede e garanzia di santità per la chiesa dei suoi successori, i vescovi aretini avevano rifondato il cristianesimo aretino. Nei secoli IX e X,  i poteri dei vescovi aretini crebbero a tal punto da essere beneficiati da re, imperatori e grandi proprietari terrieri, tanto da rendere il vescovado il più importante ente politico della diocesi aretina, superiore alla stessa istituzione comitale. Ed è proprio a San Donato, rappresentante giuridico della chiesa e della città di Arezzo, che si rivolgerà l’Imperatore nel privilegio come al suo interlocutore. Il culto del Santo nel secolo XI porta a maturazione il processo di crescita politica della città di Arezzo sotto la guida dei suoi vescovi: il santo diventa il garante, il simbolo della città, capace di definire una comunità con le sue istituzioni, tanto da richiederne, nei secoli seguenti, la sua protezione.

 

Nel XII secolo il culto di San Donato continua a crescere nelle arti e negli splendidi passionari miniati, tipologia libraria che conosce nel XII secolo l’epoca di massima fioritura. Nell’Arezzo del basso medioevo San Donato è ancora bandiera e simbolo dello stato cittadino. “San Donato cavaliere!” è il grido di battaglia dell’orgogliosa cavalleria aretina, lanciata al comando del vescovo Guglielmino Ubertini contro i guelfi fiorentini nella sfortunata guerra di Campaldino (11 giugno 1289).

Nella Pieve di Santa Maria furono traslate nel 1306 le reliquie e il Vescovo Guido Tarlati commissionò all’artista senese Pietro Lorenzetti (1280-1348) un imponente polittico raffigurante la Madonna con Bambino tra santi, dove non poteva mancare San Donato. L’opera, fu realizzata con la raffinata  tecnica della tempera all’uovo su tavola descritta da Cennino Cennino nel Libro dell’Arte. 

 

L’artista Silvia Salvadori realizza una riproduzione molto accurata della figura della Madonna con il Bambino utilizzando la tecnica originale in uso nel 1300. Nel suo percorso di ricerca delle tecniche pittoriche utilizzate nel basso e alto medioevo l’artista Silvia Salvadori si concentra sullo studio dei dipinti su tavola a tempera su fondo oro, tipici della pittura senese-aretina.

 

Nel Polittico della Pieve di Arezzo  San Donato è raffigurato in qualità di patrono con mitra, piviale e pastorale, accanto a San Giovanni Evangelista, il Battista e l’apostolo Matteo. San Donato appare, pertanto, insieme con le figure, tra le più importanti del cristianesimo. Nonostante la centralità della Vergine con il Bambino, San Donato fa la sua significativa comparsa: immerso nel suo sfondo dorato, sembra quasi scrutare lo spettatore, invitandolo a contemplare la meraviglia della sacralità, di cui oggetto è l’intera pala artistica.

 

Sempre a Pietro Lorenzetti è attribuito un secondo meraviglioso trittico di San Donato tra i santi Bernardo e Agostino. Viene così espressa la meravigliosa sintesi artistica del cammino storico. Altra mirabile rappresentazione del Santo è custodita all’interno della Pieve di Santa Maria in Arezzo. Parliamo del busto reliquiario in argento dorato eseguito nel 1346 dagli orafi aretini Pietro Vanni e Paolo Ghiselli. San Donato appare austero e inflessibile con la sua splendida mitra arricchita da incisioni e piastrine d’argento quadrilobate e ricoperte di smalti traslucidi e pietre preziose. L’ Opera  encomiabile e maestosa, nonché capolavoro assoluto dell’oreficeria aretina del Trecento. Arezzo diviene così il frutto di una vera e propria scuola orafa locale trecentesca, inizialmente ispirata a quella senese, ma poi capace di rendersi autonoma e del tutto originale.