19 maggio 2021

Giotto, colui che rimutò l’arte del dipingere di greco in latino e ridusse al moderno

Come ben precisato da Cennino Cennini alla fine del Trecento, con Giotto si apre una nuova stagione per l’arte . Lo stile bizantino, il mondo bizantino , che aveva dominato fino a quel tempo, scompariva. L’artista diventa il regista, venerato dai committenti e addirittura dalle folle. Tanto è vero che Dante si sente in dovere di parlarne nella Divina Commedia.

 

Che cosa, al di là della indiscutibile bellezza e superiorità della sua opera, distingueva veramente Giotto dagli altri artisti a lui contemporanei? In primo luogo la qualità, unita al raggiungimento di una dimensione nuova dove l’artista umanista inizia a parlare al cuore, al sentimento delle persone e che costruisce la pittura come un architetto costruisce l’architettura. 

Con Giotto assistiamo ad un vero e proprio risveglio dell’Arte che trova la sua apoteosi creativa con la realizzazione degli affreschi per la Cappella degli Scrovegni a Padova. Fortunatamente questo ciclo di affreschi molto ben conservato, è stato oggetto anche in tempi recenti di un efficiente restauro, che rimane memorabile nella storia della conservazione del nostro patrimonio artistico. Con la Cappella degli Scrovegni inizia una nuova era  che consegna Giotto alla Gloria dei secoli, segnando definitivamente il passaggio dal greco al latino.

 

Come nacque Giotto? La leggenda narra che un giorno Cimabue vedendo un ragazzino disegnare, e rimanendone impressionato, lo portò a lavoro con se.

Quel ragazzino era Giotto e in esso vi notò una mano prodigiosa. La voce presto si diffuse e quando gli incaricati del re andarono a verificare gli chiesero una prova. Giotto prese un foglio di carta e tracciò un cerchio. Portato il disegno al re, questi affermerò: “Si, è vero, è un grande artista”. Le sue indiscutibili doti artistiche le ritroviamo nella Basilica di Assisi, dove accanto a Cimabue eseguì forse alcune delle storie della Passione.

La Basilica di Assisi fu per Giotto e Cimabue un grande laboratorio , dove tutte le più grandi forze dell’Arte medievale si confrontarono le une con le altre. La storia della Basilica di Assisi con San Francesco diventano terreno fertile per la nascita dell’Umanesimo, il Rinascimento. San Francesco aveva cercato di affermare un’idea che porta dritta verso il concetto di Umanesimo  e tutto questo lo ritroviamo nel Cantico delle Creature. 

La tesi francescana è molto complessa e certamente rivoluzionaria nelle idee, nei comportamenti  e nell’organizzazione del potere religioso. Giotto coglie perfettamente l’occasione per accogliere nella sua arte tale importante cambiamento. Nella pittura di Giotto troviamo il suo messaggio veicolato in una maniera poderosa. Il Cantico delle Creature diviene così un vero e proprio manifesto d’arte e filosofia, dove si vuole salire di livello vivendo una vita etica a tutti gli effetti. San Francesco sostiene che l’impronta Divina è nel Creato. Giotto superò Cimabue rifacendosi alla lezione Francescana tutta incentrata sulla comunicazione. Un’opera d’arte è sempre un  messaggio in bottiglia: si esegue, se ne possono dare spiegazioni, ma c’è sempre un margine di interpretazione”. E quindi un artista può non essere compreso, oppure compreso in un modo che non rispecchia quello che egli voleva dire. Giotto fece questo: costituì il punto di passaggio tra due mondi dal greco al latino.

Giotto è stato il grande maestro della comunicazione, di ciò che forse Cimabue non aveva potuto o voluto fare. Giotto è eloquente, con le sue opere riesce a comunicare , anche se le pitture per la loro stessa natura sono mute. In fondo l’opera d’arte può essere uno stimolo al comunicare, oppure no; così è stato sempre, in ogni epoca. In Giotto, al contrario di molti altri artisti medievali, non si avverte la distanza tra l’immagine dipinta e la percezione umana. In ogni sua opera si coglie costantemente questa idea. Un’opera d’arte viene creata affinché se ne possa discutere; deve apparire, nella sua forma visiva , ricca di contenuto, così da essere commentata. 

In alcune opere della maestra  Silvia Salvadori  ritroviamo la stessa forza  ispiratrice nata proprio dallo studio del grande maestro. Silvia Salvadori ne coglie pienamente il significato e riesce ad ampliarla in maniera definitiva nella contemporaneità. In Silvia questa ideale connessione rivive e la ritroviamo perfettamente espressa in ogni sua creazione. 

Le sue opere sono ricolme fisicamente e visivamente della stessa materia, di potenza del disegno, di espressione.

L’influsso di Giotto è stato per Silvia immediato e oltre che stilistico, anche mentale. Ed è qui che scatta la coscienza dell’Umanesimo .

In Silvia Salvadori troviamo una nuova arte. Il personaggio centrale non sarà più il singolo eroe, il santo, la vicenda consacrata da una tradizione iconografica nota o in elaborazione, ma sarà la sua terra, la Toscana, rivista in chiave medievale, rinascimentale e contemporanea. In Silvia è forse cominciata una sorta di nuova primavera dell’arte, una vera e propria giovinezza ritrovata della creatività pittorica. In molte delle sue opere, ispirate ad un idea di Medioevo e Rinascimento contemporaneo, riscopriamo la sensazione di un luminoso e beato risveglio da un torpore acquiescente ai dolori e alle disgrazie del mondo.